sabato 27 luglio
Si parte in auto per Reigoldswil, paesino nelle colline
del cantone Baselland, che sarà il nostro punto di partenza e di arrivo. Qui
potremo finalmente rivedere dopo anni l’amica Isabel e il suo compagno Jörg.
La giornata, da dimenticare come tutte quelle passate
forzatamente in auto, è condita da circa due ore di coda al solito san
Gottardo.
L’arrivo dagli amici e una piacevole serata con loro
compensa lo stress della giornata e ci prepara alla vera partenza, quella di
domani.
domenica 28 luglio
Le bici sono cariche. Ultimi saluti, pronti via. Si parte
per l’avventura. Ma dopo pochi chilometri cede irrimediabilmente un pedale
della bicicletta di Gigi e non tiene piú, inutili tutti i tentativi di
intervento più o meno ortodossi. E ovviamente è domenica e siamo in mezzo alla
campagna.
In qualche modo arriviamo a Basilea, ma 20 km con un pedale solo sono
troppi anche per Gigi e dobbiamo fermarci per forza, aspettando domattina per i
negozi aperti. Abbiamo provato ma oggi non c’è nessuno, per un momento quasi
potremmo rimpiangere l’usanza italiana di tenere tanti negozi aperti la domenica. Troviamo
un hotel in città e ne approfittiamo per visitarla. La giornata è calda e tanta
gente nuota nel Reno, trascinandosi dietro borse impermeabili con tutte le loro
cose. Vorremmo quasi farlo anche noi, ma abbiamo troppe macchine fotografiche
dietro e nessuna borsa impermeabile. Il Münster, il municipio, le vie e le
piazze del centro storico meritano comunque una visita, anche se noi vorremmo
essere già oltre.
Oggi solo i 37
km più faticosi della nostra storia ciclistica.
lunedí 29 luglio
Basel-Neuf Briesach (km 72)
Prima delle 8 siamo già davanti al negozio del ciclista
che abbiamo visto ieri... ma ci era sfuggito un cartello: nel mese di agosto
chiuso tutti i lunedí. Ripercorriamo l’elenco dei negozi che abbiamo trovato in
internet, la maggior parte sono chiusi il lunedí. I 2-3 che non lo sono, sono
chiusi per ferie. Decine di chiamate per sentire segreterie telefoniche che, in
dialetto Schwizertüsch, blaterano qualcosa da cui si riesce solo a capire che
il negozio è chiuso. Un paio di corse su e giú per la città, da un quartiere
all’altro, sotto la pioggia, cercando di capire la strada giusta. Torniamo in
albergo scoraggiati per dire che probabilmente dovremo restare un altro giorno,
quando l’impiegato ci trova un altro elenco di negozi, telefona lui
personalmente all’unico che sembra aperto, ce lo passa, spieghiamo il problema,
ci dice di andare subito. Probabilmente per il pomeriggio ci può fare il lavoro.
Altra corsa verso il negozio Veloplus, stratosferico come
i prezzi, ma che ci salva dal rimanere un altro giorno qui. Il meccanico della
Fahrradklinik fa subito il lavoro: forse l’abbiamo impietosito.
A mezzogiorno riusciamo a partire, dopo l’ennesima corsa
attraverso la città fradicia, condita da rovinoso volo sui binari del tram
bagnati (meno male che non passava il tram).
Recuperate le borse si parte, ancora un po’ di sofferenza
in città poi finalmente fuori, subito in Francia, sul canale di Huningue.
Continua a piovere, la strada è in gran parte sterrata e siamo pieni di fango,
ma felici, lontano dal traffico e dai rumori, in mezzo al nulla, in movimento.
I pochi paesini sembrano deserti, non un bar, tutto chiuso.
Inizia un itinerario tra chiuse, canali e vegetazione
ricca di uccelli acquatici, nella riserva naturale chiamata Petite Camargue
alsatienne (chissà come deve essere bella col sole, ma diciamo che anche così
ha il suo fascino).
Tra le tante mastodontiche opere di ingegneria che nel
corso dei secoli hanno permesso di controllare e sfruttare le acque del Reno in
questo tratto del suo corso, spicca l’enorme chiusa disegnata da Le Corbusier,
all’inizio del canale Reno-Rodano.
Si pedala per tanti chilometri in mezzo alla vegetazione,
ogni tanto incontriamo ciclisti carichi e bagnati come noi.
Diluvia senza sosta, sempre di più. In uno dei paesi
fantasma che ogni tanto interrompono l’ambiente naturale ci fermiamo sotto una
tettoia mangiando due fruttini - non abbiamo trovato finora un solo negozio
aperto o un bar, per fortuna la colazione in albergo è stata ottima e
abbondante. La pioggia diminusce un po’, proseguendo troviamo finalmente una
boulangerie, intanto sono le 16... Mentre consumiamo una delle meravigliose
opere d’arte della viennoiserie francese, vediamo passare in strada, sempre
sotto la pioggia, una coppia di ciclisti con bimbo al seguito nel carrellino -
saranno solo i primi di una lunga serie. Gli stranieri non hanno tante paure e
i bimbi sono quasi sempre sorridenti.
Reintegrati gli zuccheri e ristabilito il buon umore,
affrontiamo l’ultimo tratto attraversando minuscoli paesi dove le case, le vie
e le piazze sono piene di fiori.
Arriviamo finalmente nei pressi di Neuf-Briesach, al
campeggio dell’Île du Rhin, in mezzo al fiume in un territorio di nessuno tra
Francia e Germania (ufficialmente è in Francia). Ci accoglie una signora
gentilissima che ci fa i complimenti per il coraggio e ci assicura che le
previsioni meteo sono di miglioramento. Nel campeggio c’è anche una bottega-ristorante
gestita da un maghrebino con una serie innumerevole di bambini, dove
consumeremo un’ottima cena alsaziana e ordineremo il pane fresco per la mattina
successiva.
La serata rasserena e promette davvero tempo migliore.
Sul fiume è pieno di cigni, la gente viene a vederli e a fotografarli.
Sull’altra sponda è arroccato l’antico paese tedesco di Breisach, con la chiesa
che domina dall’alto. Ormeggiata in porto, un’enorme nave da crociera.
Calati i rumori del giorno, la notte sarà pervasa dal
rumore potentissimo dell’acqua che fluisce sopra una diga in lontananza,
qualche chilometro a monte.
martedí 30 luglio
Neuf-Briesach - Strasburgo (km 85)
Nella notte è piovuto ancora. La roba che avevamo tentato
di asciugare è più bagnata di ieri. In una scarpa troviamo una lumaca rossa.
Ora però c’è vento e sembra che rassereni. Prima di partire, entriamo dentro il
paese di Neuf-Briesach, costruito su una fortezza ai tempi di Luigi IV.
Attraversiamo di nuovo piccoli villaggi pieni di fiori,
inframmezzati da enormi campi di granturco. Sulla nostra sinistra, in
lontananza, i Vosgi - quelli che vedremo da vicino alla fine del viaggio.
Mentre siamo fermi a fotografare una delle tante facciate
piene di fiori, dalla casa esce un vecchietto con un occhio solo. Gli facciamo
i complimenti ed è felice, ci chiede se veniamo da lontano e dove andiamo, ci
descrive un pezzo della strada.
È la ciclabile del Reno ma oggi il Reno non si vedrà
proprio, perché questo tratto è tutto tra i suoi canali, una rete immensa di
acqua e di chiuse. Lui, il grande fiume, si lascia solo intuire. A un certo
punto imbocchiamo di nuovo il canale Rodano-Reno che seguiremo per circa 30 km e ci porterà
direttamente a Strasburgo. Il canale è costellato di chiuse. Ci fermiamo a
mangiare su una panchina davanti a una di queste, vicino a una casetta colorata
e, anche questa, circondata di fiori. Arriva una coppia in barca con
biciclette, iniziano le manovre, e, come alcuni passanti sopra il ponte,
cediamo al fascino dei movimenti della chiusa, finché l’acqua sale e la barca
riparte.
Il canale diventa più ampio e noi passiamo sempre al suo
fianco, in una galleria in cui il verde dell’erba, dell’acqua e degli alberi si
confonde in un unico colore. Possibile che siamo all’ingresso di una grande
città? Entriamo in Strasburgo senza uscire da strade ciclabili, solo un attimo
per trovare il campeggio.
Lasciate le borse, con le bici leggere, sempre su pista
ciclabile, dal campeggio raggiungiamo il centro.
C’è una via che sembra chiusa al fondo dalla cattedrale,
una delle tante Notre-Dame del gotico francese, tutte magnifiche, ma che a
lungo andare nella memoria si confondono. Le vetrate e il rosone centrale sono
coloratissimi, notevole l’organo di legno colorato.
Alla reception del Camping de la Montagne Verte ci
dicono che siamo i primi italiani in bici che vedono: vengono tutti in camper.
E infatti il mattino dopo escono cinque camper italiani di seguito.
mercoledí 31 luglio
Strasburgo-Karlsruhe (km 90)
Come sempre per le città, uscire da Strasburgo è caotico.
Si perde la traccia, la si ritrova, la si riperde. Finalmente fuori, nella
bellissima e fresca foresta della Robertsau. Poi di nuovo di villaggio in
villaggio; il Reno si continua soltanto a intuire, ma per ora oggi siamo
lontani dall’acqua, che compare solo a Drusenheim. Dai tanti canali e canalini
spunta finalmente il padre Reno in tutta la sua immensità, che in questo punto
è davvero notevole. Per molti chilometri pedaliamo sotto l’alto argine, dal
quale ci separa un canale in cui nuotano famiglie di cigni. In questo punto il
paesaggio è un po’ monotono e costellato di draghe. A tratti si torna vicino
alla sponda. Qua e là si assemblano stormi di uccelli acquatici: anatre,
folaghe, cigni.
Verso Munchhausen si torna finalmente in una foresta,
area naturale protetta del delta della Sauer. Da un ponte assistiamo a una
serie di vivaci discussioni tra una famiglia di cigni e un gruppo di anatre,
mentre in cielo volano tre cicogne emettendo il loro strano verso.
Passiamo dalla Francia alla Germania senza accorgercene.
L’ultimo pezzo ancora tra i campi fino a Maximiliansau, sobborgo alla periferia
di Karlsruhe. Decidiamo di dormire qui, all’hotel Vater Rhein, da dove
improvvisiamo una veloce visita alla città spostandoci con bus e tram. Non
abbiamo voglia di infilarci di nuovo nel caos. La città è assolutamente
dimenticabile, ma ha un bellissimo castello rinascimentale, che delinea un’enorme
piazza nei toni del bianco attorno al verde dei giardini.
giovedí 1 agosto
Karlsruhe-Mannheim (km 95)
La notte in albergo con aria condizionata e
supercolazione ci ha restituito le forze. Il cielo è limpidissimo e promette di
nuovo caldo.
Dopo Wörth am Rhein si pedala immersi in una delle
tipiche foreste tedesche, lontani da ogni segno di civiltà, incredibile così
vicino a una città industriale (prima di entrare nella foresta abbiamo
costeggiato per un po’ gli stabilimenti della Mercedes).
Arriviamo a Leimsersheim in tempo per il primo traghetto
delle 9, siamo soli e siamo i primi. Oggi si passa dall’altra sponda, dove
prima di proseguire ci godiamo un Berliner (quello che in
Italia si chiama krapfen).
Inizia a farsi complicato seguire la traccia, che si
perde tra i mille argini e controargini, sentieri sterrati, stradine. A un
certo punto ci troviamo direttamente in mezzo a una draga di ghiaia, dove siamo
costretti a fare qualche tratto a piedi perché la bici carica sulla ghiaia
spessa sbanda non poco e si rischia di cadere. Usciti dalle nuvole di ghiaia e
sabbia, mentre fa sempre più caldo, ritroviamo la strada e attraversiamo
diversi paesi, prima di scoprire che il traghetto verso Speyer funziona solo
nei weekend... altri 8-10 km
per andare a prendere un ponte - il Reno è così, non ci sono tanti ponti, è
troppo largo.
Speyer ripaga tutte le fatiche con il suo imponente e
famoso duomo romanico, dove sono sepolti re e imperatori. Il caldo inizia a
farsi fastidioso - e in Germania nei paesi non ci sono fontane di acqua
potabile, tocca sempre comprare l’acqua minerale pagandola uno sproposito, e
sperare di trovarla non gasata, altra impresa non facile. La fontana nel centro
di Speyer - acqua non potabile - ci serve solo a immergervi dentro il casco per
rimetterlo in testa bagnato, un sollievo immediato con il sole che batte
impietoso. Acqua al supermercato, in un caffè della piazza un’insalata cercando
un po’ di ombra.
Mancano 30
km a Mannheim, sembrano un’infinità nel caldo, per
fortuna un po’ di aree protette e zone boscose ci riparano a tratti. Andando
avanti la traccia GPS
ogni tanto ci lascia, riusciamo a perderci un po’ di volte fino ad arrivare
alla mostruosa periferia di Mannheim, dove dobbiamo attraversare una zona
industriale-portuale davverso scoraggiante. Riconquistato un po’ di bosco
(questa è la forza della Germania, la natura riprende subito i suoi spazi)
iniza la ricerca del campeggio, si riperde la traccia in mezzo ai boschi, un
tizio sta per mandarci dalla parte opposta, quando troviamo un famiglia (tutti
in bici, bimbo piccolo al seguito, bimba più grandicella con la sua bici
carica) che va nella stessa direzione. Finalmente lo troviamo. Il gestore è
italiano, e purtroppo, tra quelli che troveremo, è l’unico campeggio veramente
trasandato e vecchio, in un triste non luogo in cui gli abitanti si sono
immaginati una spiaggia e fanno il bagno nel fiume.
venerdí 2
agosto
Mannheim-Mainz
(km 104)
Non ci sono negozi al campeggio e quindi scappiamo
all’alba senza colazione. Bisogna comunque entrare in Mannheim, ed è
un’impresa. Meritano solo un’occhiata il castello e la Wasserturm. Ottimo
caffè-pasticceria vicino alla stazione per fare colazione, e poi via, altra
impresa titanica uscire dalla città... per fare 15 km e poi tornare indietro
di quasi 10 perché il traghetto è fuori servizio e bisogna prendere un ponte -
che era molto prima... la giornata inizia con l’ansia, la sera abbiamo
appuntamento a Mainz per una cena con amici, l’abbiamo già rimandata di un
giorno per il ritardo iniziale, temiamo di non arrivare in tempo, e poi a Mainz
c’è la chiesa con le finiestre di Chagall che però chiude alle 17...
Il caldo è sempre più forte, e tra Mannheim e Worms si
attraversa una zona industriale abbastanza orribile.
È d’obbligo una sosta a Worms, dove visitiamo il duomo e
passiamo accanto alla porta dei Nibelunghi, il luogo dove secondo la leggenda Hagen
avrebbe gettato nel Reno il tesoro di Sigfrido (il famoso Oro del Reno di
Wagner).
Siamo tesi per il caldo e la strada da fare, ancora
lunga, quindi ci fermiamo poco. Altra sofferenza per uscire da Worms e
ritrovare la traccia, che si perde di nuovo in mezzo ai campi. Ogni tanto una
deviazione per lavori ci complica la vita (qui è pieno di cantieri e lavori
anche sulle ciclabli).
Breve pausa in un’area verde dimenticata da Dio per
mangiare qualche provvista acquistata al mattino. Ci sono una tettoia e giochi
per bambini, ma non l’ombra di una fontana... e l’acqua scarseggia di nuovo,
qui non ci sono case né negozi. Non c’è realmente anima viva. A Hamm am Rhein
vediamo quello che a prima vista ci sembra un contadino che vende i suoi
prodotti. Chiediamo se ha acqua, ma ovviamente ce l’ha solo gasata... ma è un
signore gentilissimo, ci offre di riempire le borracce dal rubinetto, ed
entrando da lui scopriamo che vende prodotti della Sardegna. Sentendo che siamo
italiani ci offre anche il caffè e ci racconta di come si è appassionato
all’Italia, e alla Sardegna in particolare, e ha iniziato la sua attività dopo
aver perso un lavoro in azienda.
Questo è uno dei tanti incontri che si fanno solo
viaggiando con la giusta lentezza. Quando sei in bici, le gente ti vede e ti
parla, entri per un attimo nelle loro vite e loro nella tua.
Proseguiamo nel caldo, decisamente eccessivo per i
luoghi, mentre compaiono le prime vigne... sono ripidissime, con i filari in
verticale, anche se sono solo un pallido annuncio di quello che vedremo nei
prossimi giorni.
Alla fine ce l’abbiamo fatta: ecco Mainz! Purtroppo
niente Chagall, la chiesa è già chiusa, ma almeno riusciamo a visitare il duomo
e un po’ di centro storico. Poi ci affrettiamo a sistemarci in campeggio, che
come sempre è piuttosto lontano da raggiungere (e ovviamente al di là di un
ponte). Siamo miracolosamente in tempo per la cena, anche se di corsa...
prendiamo un taxi per raggiungere il ristorante dove ci aspettano, non abbiamo
voglia di sudare di nuovo nel caldo seguendo una traccia GPS, per di più nel
traffico della città.
Serata di relax con gli amici Judith e Lars, che non
vedevamo da tanto tempo. Una bella cena a raccontarsi un po’ di avventure e a
ricordare tempi passati. Loro sono appena tornati da un viaggio di 4 mesi in
barca a vela nel Mediterraneo.
sabato 3 agosto
Mainz-St. Goar (Loreley) (km 65)
Dopo le tappe forzate degli ultimi due giorni, oggi in
programma una giornata rilassante, con
meno distanza, per godersi i paesaggi del Reno romantico, la parte della valle
tra Magonza e Coblenza che è stata dichiarata dall’UNESCO patrimonio
dell’umanità.
E infatti, appena usciti da Magonza, iniziano i castelli
e le tenute vinicole. Il primo che incontriamo è Biberich, proprio sulla
strada, dal tipico colore bianco e rosso.
Poco ci troviamo in un altro Vogelschutzgebiet, una delle
tante aree protette popolate di uccelli migratori. Ci fermiamo un istante a osservare
le numerose cicogne. Qualcuna passeggia, una prende il volo, bassa, passa sulle
nostre teste e si allontana degli alberi.
Dopo giorni di slalom tra chiuse, draghe e aree industriali finalmente
la pista corre sulla riva, senza più ostacoli. In questo punto il fiume è
larghissimo e si fa quasi fatica a vedere l’altra sponda. Il tempo sembra
aiutare, nonostante che stamattina ci abbia svegliato una bufera di vento che
scuoteva la tenda facendoci temere il peggio - dopo una notte resa difficile da
due ragazzine nella tenda accanto che non hanno fatto altro che parlare fino
all’alba.
Il primo gioiello tra i villaggi di questa vallata è
Eltville, viuzze segnate da case con le travature di legno e un piccolo
castello incantevole, una delle tante residenze dei principi elettori
arcivescovi di Magonza, con annesso giardino pieno di rose che profumano
l’aria. C’è ancora poca gente in giro. Seconda colazione con una tortina alle
rose, specialità locale.
La calma è presto finita: Rüdesheim è uno shock, con le sue
strade piene di giapponesi scaricati dalle grandi navi da crociera: in alcuni
vicoli neanche si riesce a passare. Il fascino è quello un po’ finto dei luoghi
troppo turistici.
Il traghetto ci porta a Bingen, sull’altra sponda del
fiume, che qui si restringe di colpo (siamo nella famosa «ansa di Bingen») tra
alte colline ricoperte di boschi e vigne, che scendono fin quasi sull’acqua,
ripide e con i filari in verticale. Sulla collina sopra Rüdesheim domina un
enorme monumento di dubbio gusto, mentre dappertutto svettano castelli e torri,
in alto ma anche in basso, sul fiume, come il Mäuseturm (torre dei topi) di
Bingen o il castello di Bacharach.
Il villaggio di Bacharach è molto più autentico, meno
finto-turistico e molto meno affollato; le case a travature e le insegne in
ferro battuto delle cantine creano un meraviglioso gioco di luci e colori con
le vigne, che sembrano scendere a picco sui tetti.
Le celebre rupe della Loreley avanza alta dentro il
fiume, restringendolo ulteriormente e creando una curva strettissima, dove le
enormi navi da carico sono costrette a fermarsi, quasi inchinandosi davanti
allo scoglio, e a fare una serie di manovre macchinose per poter proseguire. Da
qui forse la leggenda dell’ondina che attirava i marinai e affondava le navi.
Il campeggio è proprio in faccia al celebre scoglio. Per
tutta la notte, sul fiume, non cessa il rumore delle navi da carico, che
passano continuamente. Ognuna porta il carico di una ventina di TIR almeno. In
alto, sulla cima della rupe, si suona e si fa festa, probabilmente qualche
spettacolo per turisti di passaggio.
domenica 4 agosto
Sankt Goar - Coblenza (km 40)
Oggi pochi chilometri per dedicare almeno mezza giornata
alla visita di Coblenza. Prima di partire, però, decidiamo di prevenire altri
inconvenienti tecnici e sostituire un copertone completamente consumato prima
che ci abbandoni in mezzo ai campi, approfittando di un ciclista aperto la
domenica, pubblicizzato su un volantino al campeggio. È nel centro di Sankt
Goar, a un paio di chilometri.
Arriviamo davanti al portoncino di una casa privata,
suoniamo e ci apre un anziano signore molto cordiale, uno di quei meccanici di
una volta, tutto artigiananto e amore per il dettaglio. Il suo piccolo
magazzino sembra la bottega di un orologiaio. Cambia copertone e anche la
catena, che sta per cedere...
Nell’attesa passeggiamo tra il paese e la riva del fiume,
godendo ancora un po’ di vista sulle anse e sui castelli - qui a Sankt Goar ci
sono Burg Katz e Burg Maus, come dire Castel Gatto e Castel Topo.
È una domenica mattina di agosto, piena di gente in gita
in bicicletta. Impazzano feste di paese sul lungofiume e c’è aria di vacanza.
Nei giardini di Boppard c’è un concerto, ci fermiamo un attimo ad ascoltare,
poi entriamo nel centro della cittadina, dove ci aspettano i resti di un
castrum romano e una fetta di torta tipo Schwarzwald, con panna e ciliegie, che
rimette a posto il calo ipoglicemico di metà mattina. Al tavolino vicino a noi
sono sedute due suore viaggiatrici con zainetto e cartina.
Piú avanti verso Coblenza, in uno dei villaggi, una festa
sul lungofiume ci obbliga a scendere dalla bici. Si suona e si beve birra, già
dal mattino (sono le 11.30). Non possiamo esimerci, ci uniamo con una piccola
(non hanno birra analcolica, che nel frattempo abbiamo scoperto essere
meravigliosamente dissetante, salina il giusto e non incompatibile con la
pedalata, anzi. Qui viene pubblicizzata come bevanda isotonica per sportivi...)
Questa volte per fortuna niente svincoli di periferia in
mezzo alle aree industriali. Una lunghissima passeggiata tra il verde ci porta
direttamente nel centro di Coblenza al Deutsches Eck, con il gigantesco
monumento al Kaiser e la terrazza che si affaccia sulla confluenza, dove la
Mosella di getta nel Reno. La prima parte del viaggio è conclusa. Da domani si
cambia fiume.
Il campeggio si vede, è a pochi metri da noi ma in mezzo
c’è il fiume. Ci vogliono 2 km
di giro per prendere il ponte e arrivarci.
La reception è chiusa per la pausa pranzo, mentre aspettiamo che apra
mangiamo qualcosa al ristorante interno - dove per fortuna veniamo a sapere
dalla cameriera che si può tornare di là in pochi minuti con un piccolo
traghetto - mentre fuori si crea un coda di camper in attesa.
Dopo registrazione e montaggio tenda facciamo finalmente
i turisti in città. Per prima cosa visitiamo la fortezza in alto, che si
raggiunge con una funicolare, da dove si gode una magnifica vista sulla città e
sulla valle del Reno. Poi centro storico, chiese, castello.
Cena in vineria tipica con stinco e vino del Reno,
proprio vicino alla terrazza sul fiume.
lunedì 5 agosto
Coblenza - Bruttig (km 65)
Oggi, alla confluenza, ci congediamo dal Reno e iniziamo
la seconda parte del nostro viaggio. Altra giornata con programma tranquillo,
vogliamo goderci senza fretta il paesaggio che cambia, e del quale abbiamo
letto e sentito descrizioni entusiaste. Super colazione al ristorante del
campeggio, dove scambiamo due parole con un ciclista appena arrivato dalla
direzione in cui stiamo per andare. Sta partendo anche una famiglia, tutti in
bici, seggiolino per la bimba, bici piccola con tanto di borse per il bambino
più grande, che arriva in autonomia mentre i genitori stanno facendo colazione
a un tavolo accanto al nostro.
L’impressione è subito di un ambiente più piccolo e tranquillo.
Non più zone industriali né grandi città. Appena fuori da Coblenza compriamo le
fragole da un contadino lungo la strada - sono di stagione adesso e sono
dolcissime, raramente sono così buone dalle nostre parti.
Si iniziano a vedere i terrazzamenti delle vigne, alti e
indescrivibilmemte ripidi. Iniziamo la giornata attraverso una lunga serie di
piccoli villaggi tutti nati e cresciuti intorno al vino. Il primo è Winningen,
ancora deserto al mattino, poi Kobern e Gondorf, tutti un po’ uguali ma mai identici,
con la piazza del mercato, le case a travature con affreschi e detti popolari
sul vino, insegne in ferro battuto, pergolati di viti e cantine dappertutto.
Ma, come già visto nei giorni scorsi, mai una fontanella di acqua potabile. Ne
troveremo solo una in un vigna.
A Treis-Karden (paese dal nome doppio come tanti in
questa zona, nati spesso dall’unione di due centri abitati sulle due sponde del
fiume) pranziamo su una panchina con pane, pomodoro e l’immancabile cetriolo,
tutto acquistato dal contadino la mattina.
La città successiva è Cochem, un po’ più grande,
pittoresca con il castello medievale che domina dall’alto e il Marktplatz, ma
persino troppo turistica, quasi la Rüdesheim della Mosella. Dopo la solitudine
dei villaggi precedenti, siamo piuttosto infastiditi dalla folla.
Il territorio è ondulato, certo non sono salite di
montagna, ma saliscendi continui, con strappi brevissimi e intensi che spezzano
le gambe e aumentano i metri di dislivello.
Campeggio a Bruttig, villaggio minuscolo e poco frequentato
dai turisti. Siamo proprio davanti al fiume, sotto le vigne. Cena da un
produttore di vino simpatico e chiacchierone, che ci dirà essere di origine
croata e ci farà assaggiare dell’ottimo Riesling locale per accompagnare un
Flammkuchen, una specie di pizza tipica della zona, sia in Germania sia in
Alsazia, e il meraviglioso filetto di aringa Matjes con patate, un must in ogni
parte della Germania.
martedí 6
agosto
Bruttig -
Bernkastel-Kues (km 79)
Nella notte c’è stato un temporale, e la mattina è umida
e fresca. Ora sorge il sole creando magnifici giochi di luci e riflessi tra le
vigne e l’acqua, che a tratti sembra di velluto.
Una panchina vicino alla tenda, proprio in riva al fiume,
sarà il nostro tavolo per la
colazione. Il primo villaggio che incontriamo è
Beilstein, talmente caratteristico da sembrare finto - ci
hanno girato dei film e un po’ si vede. Da un’enorme nave da crociera ancorata
nel porticciolo scendono coppie di ciclisti americani in tandem, ce ne sono a
decine, forse un centinaio. Escono dalla nave e partono pedalando verso di noi.
Lungo il cammino ci fermiamo a vedere una delle tante
chiuse, grazie alla quali il fiume è navigabile nella maggior parte del suo
corso. Chissà perché, ma c’è sempre
gente che si ferma affascinata a contemplare questi monumenti creati
dall’ingegneria umana ma soprattutto dalla forza di uno degli elementi
primordiali, l’acqua.
Ecco Ediger-Eller, altro paese con doppio nome e doppio
centro, con una chiesa che, come sempre, è in cima a una salita. E poco dopo il
paese uno dei punti più spettacolari di questi giorni: un’ansa strettissima con
una vigna quasi verticale, dicono che la pendenza in alcuni punti si aggiri sul
70%. Eppure la gente dentro ci lavora, usando, come dappertutto in questa
valle, dei carrelli a cremagliera per salire e scendere tra i filari.
Per un tratto l’itinerario abbandona la riva per salire
in mezzo alle vigne e procedere a mezza costa, facendoci godere il paesaggio da
una prospettiva diversa. La salita è breve ma faticosa, come tutti i tratti che
in questa valle ripida si allontanano dal fiume. Poi si scende nuovamente sulla
sponda del fiume verso la cittadina di Zell, uno dei centri vinicoli più
celebri, dove, a causa di lavori e strade chiuse, rischiamo per un momento di
perderci. Dopo una sosta per il pranzo (oggi niente panchina, ma locale
caratteristico in centro) si riparte passando per Traben-Trarbach, mentre il
cielo si rannuvola sempre di più. Il temporale arriva poco dopo e ci inzuppiamo
per bene, ma dopo il caldo dei giorni scorsi è quasi un sollievo. Arriviamo a
Bernkastel piuttosto stanchi e bagnati. Il villaggio sembra attraente e
decidiamo di fermarci alla prima scritta Zimmer frei. Stanotte, oltre a dormire
in un letto vero, potremo ricaricare tutti i telefoni e gli iPad senza fatica.
Ci danno la stanza, scarichiamo i bagagli e mettiamo le biciclette in un
apposito garage cittadino, come un parcheggio sotterraneo ma riservato alle
bici, che di notte viene chiuso (ne vedremo altri in numerose località). La
stanza è sopra una vineria-enoteca, e per accedere passiamo in mezzo agli
scaffali dove fanno bella mostra di sé i vari vini della zona.
Dopo una veloce doccia è il momento di scoprire il centro
di questo affascinante villaggio, un concentrato di stile compatto e uniforme
con le sue antiche case a travature, molte delle quali storte, che si
affacciano sul Marktplatz. C’è molto turismo anche qui, ma non si avverte
l’aria un po’ affettata e finta di altre località. La serata a passeggiare per
le vie e le piazze di Bernkastel ci rimarrà a lungo nel cuore.
mercoledì 7 agosto
Bernkastel-Kues - Trier (km 72)
Oggi partiamo con comodo, dopo un’abbondante colazione.
Il corso della Mosella è talmente sinuoso e con anse così
strette e ravvicinate che, seguendolo, ti fa cambiare continuamente direzione.
Anche il vento, che questa mattina è piuttosto forte, è un po’ contro e un po’
a favore.
A Neumagen-Drohn un caffè e un’occhiata a qualche pietra
di epoca romana. Una coppia di ciclisti di Colonia ci chiede in prestito una
chiave per regolare la sella, scambiamo due parole, uniti dall’universale
filosofia della bicicletta.
A Detzem c’è un’altra chiusa, forse una delle più grosse.
Passa un’enorme nave da carico che entra di misura, a tratti toccando le
pareti. Si chiama Calypso e più tardi la ritroveremo: siamo più veloci.
A Mehring breve sosta per vedere i resti di una villa
romana, poche pietre con una parte ricostruita di dubbio gusto. Ma qui sanno
valorizzare ogni pietra, e l’UNESCO negli anni è stata piuttosto generosa con i
patrocini.
Pranzo con pane, Würstchen e birra analcolica in un
locale che ci sembra tanto il bar sport di Stefano Benni, dove alcuni uomini di
mezza età discutono del tempo e della pesca in un dialetto di cui riusciamo a
capire solo poche parole (il Lussemburgo è vicino).
A Schweich si cambia sponda e la strada passa per un
tratto in una orrenda zona industriale. Per fortuna non dura tanto e si
riconquista il fiume. Ci fermiamo a dare un’occhiata al villaggio di Pfalzel,
dove c’è qualche resto di un palazzo romano.
La stanchezza inizia a farsi sentire dopo undici giorni
senza sosta: per fortuna domani giorno
di riposo.
Finalmente costeggiamo il centro di Treviri e
conquistiamo il campeggio - supertecnologico, con sanitari e servizi degni di
un albergo, mentre di nuovo si ammassano nuvole minacciose. Montiamo la tenda
appena in tempo e si scatena uno dei tanti temporali di questi due ultimi
giorni. Dentro il campeggio c’è un invitante Biergarten, buona cucina tedesca
tradizionale a prezzi veramente modici.
La città può aspettare domani.
giovedí 8 agosto
riposo, bucato e turismo
Per un giorno, cerchiamo di rallentare i ritmi. Ci
alziamo con calma e facciamo colazione sotto uno dei gazebi di legno sparsi sul
prato della zona tende. La mattina sarà in gran parte dedicata al bucato - ci
vuole sempre un po’ di tempo a capire una lavatrice sconosciuta, specie questi
pericolosi mangiasoldi a gettoni che si trovano nei campeggi, e ancora di più
per capire l’altra macchina, misteriosa per noi italiani ma indispensabile in
queste circostanze, l’asciugatrice, da cui, se sbagli qualcosa, la roba rischia
di uscire bagnata come prima oppure più o meno cotta.
Dopo varie battaglie siamo finalmente pronti per visita
la città di Treviri. A piedi, perché non abbiamo voglia di prendere la bici per
entrare in centro, e poi lasciarla in giro, con l’ansia di non ritrovarla.
Nonostante che, anche qui, svariati siti siano patrimonio
dell’UNESCO, la città non è particolarmente attraente. Già arrivando, si
avverte il grigio come colore predominante, e la sensazione rimane anche
avvicinandosi al centro storico. Meritano sicuro di essere visti il Duomo, con
la piazza e le vie adicenti, la casa natale di Marx e la Porta Nigra , mentre
gli altri pochi resti romani non sono certo gran cosa se paragonati con i siti
del nostro paese.
venerdì 9 agosto
Trier - Thionville (km 83)
L’alba è fredda quando si esce dalla tenda. Rispetto alla
settimana scorsa il tempo è decisamente cambiato. Lasciando Treviri c’è
una brutta zona industriale, per fortuna presto superata.
Qui la valle è piú larga e il paesaggio cambia, anche se
ci sono ancora vigne, soprattutto sulla sponda lussemburghese (in questo tratto
il fiume segna il confine). La strada si fa ondulata, con saliscendi brevi ma
faticosi e ancora tratti in mezzo alle vigne.
La colazione, meno abbondante del solito, è presto
dimenticata. L’unico locale che troviamo sulla strada ci fa un caffè ma non ha
niente da mangiare... forse l’unico bar della Germania che non ha torte al
mattino... il calo di zuccheri e la voglia di dolce si fanno sentire sempre di
più, come se stesse per finire la
benzina. A un tratto, nel minuscolo villagio di Palzem, in
cima a una rampetta piuttosto arrabbiata, sentiamo un suono come di campanella
e compare un furgone... è una panetteria ambulante che si ferma solo i pochi
minuti necessari per servire la gente di passaggio (anche in questo villaggio
non ci sono negozi né bar). Non era un miraggio nel deserto... eravamo solo nel
posto giusto al momento giusto. Scambiamo anche due parole con la signora che
ci vende un paio di magnifici dolci e ci chiede da dove veniamo e dove andiamo.
Ristabiliti gli zuccheri, a Remich decidiamo di prendere
anche un assaggio di Lussemburgo e passiamo dall’altra sponda, dove rimaniamo
fino a Schengen, noto solo per lo storico trattato che viene ricordato da un
monumento con alcune foto.
Attraversando il ponte si torna in Germania, anche se in
realtà qui non sai bene in che paese pedali: è un angolo di confine e infatti
dopo un po’, senza che nessun cartello avvisi del passaggio, scritte e segnali
diventano francesi. Da ora, fino all’ultimo giorno, saremo in Francia. A
Sierck-les-bains passiamo sotto il pittoresco castello dei duchi di Lorena,
mentre il paesaggio si fa sempre più idilliaco, silenzioso e francese. Addio
alle vigne ripidissime dei giorni scorsi, e anche al turismo di massa di alcune
località. Il senso di relax è totale, appena incrinato dalla vista dell’immensa
centrale atomica di Cattenom, che ci accompagna per molti chilometri, e sulla quale
leggiamo che ci sono controversie per gli standard di sicurezza. A Cattenom c’è
anche un monumento che ricorda il passaggio della Mosella da parte delle truppe
alleate nel novembre 1944.
La tappa di oggi si conclude con l’arrivo al camping
municipal di Thionville, strana grigia città con alcuni begli angoli e un
ristorante molto francese dove coccolarci con una bella cena a base di prodotti
tipici della regione.
sabato 10 agosto
Thionville - Corny sur Moselle (km 55)
Oggi tappa breve per avere il tempo di visitare Metz.
Prima impresa di oggi: fare colazione. Ci riforniamo un
una stupenda boulangerie e mangiamo fuori, su una panchina, mentre qualche
sporadico passante ci saluta. Poi troviamo un bar e ci sediamo a prendere un
caffè. Strano locale, solo uomini ai tavoli, unica donna la cameriera. Non c’è
la bandiera arcobaleno ma l’impressione è ugualmente quella di un locale gay
friendly - impressione rafforzata dai due uomini al tavolino di fianco a noi,
che attaccano discorso chiedendoci del viaggio e guardando le nostre bici. Ci
raccontano che anche loro amano viaggiare in bici.
È ora di mettersi in cammino. Usciamo da Thionville tra
canali, chiuse e isolotti. C’è acqua dappertutto intorno alla nostra strada. Da
tutte le parti ci sono pescatori insediati con tenda e famiglia al seguito,
sono tantissimi e hanno l’aria di essere lì da parecchi giorni. C’è una calma
surreale, passa qualche ciclista ma nessun viaggiatore, un po’ di gente a
piedi. Pensando che forse ci siamo persi, da un’auto di passaggio un uomo ci dà
indicazioni per Metz (in realtà siamo solo fermi a goderci il paesaggio).
Poco per volta si vede arrivare la città, con zone
industriali e tratti trafficati. Entrarci è il solito incredibile caos di
svolte, ponti, strade che non sai dove finiscono, a volte ciclabili, a volte
no. Di solito è permesso ai ciclisti passare nelle strade a senso unico, ma non
sempre. Le guglie della cattedrale sono visibili da lontano. Finalmente
riusciamo a raggiungerla in mezzo al caos indescrivibile di un un sabato
mattina di mercato - e purtroppo intorno al duomo la strada non è pedonale,
anzi le auto sono in coda per entrare in un parcheggio sotterraneo.
Arriviamo a fatica e entriamo, forzatamente non insieme
per non lasciare le biciclette incustodite. Dentro la cattedrale tutto il caos
è dimenticato. Non sarà altrettanto famosa, ma all’interno emoziona più di
tante altre celebri cattedrali gotiche d’Europa. Le sue vetrate sono state
dipinte da grandi artisti nel corso dei secoli, dalla sua costruzione fino a Chagall.
Alcune sono multicolori, altre tutte nei toni del giallo, del blu, del rosso...
il gioco di luci e colori può essere solo vissuto, difficilmente descritto.
Come uscire? Ci potresti stare tutto il giorno.
Il colore dominante di Metz è il giallo scuro, quasi che
tutto il centro della città volesse adeguarsi alla sua cattedrale.
Altre epopea attraverso questa difficile città per vedere
la Porte des Allemands (purtroppo in parte coperta da ponteggi, in fase di
restauro) e la chiesa di Saint-Pierre, la piú antica di Francia, e gustare una
Quiche Lorraine ai giardini dell’Esplanade. Breve ritorno nei pressi della
cattedrale, per acquistare qualche provvista al meraviglioso e multicolore
mercato.
Città stupenda, ma dopo qualche ora rimpiangi la quiete e
vuoi già scappare. Difficile entrare, ma facilissimo uscire, lungo gli argini
del fiume, salutandola a poco a poco (per chi arriva dall’altra parte deve
essere meraviglioso entrare lungo il fiume, vedendo comparire l’isolotto del
Temple-neuf, con i cigni che si radunano a decine, e trovarsi di colpo sotto la
cattedrale).
Ora inizia un lungo tratto sterrato, lungo il canale
della Mosella, sotto un’ininterrotta galleria di alberi. Passa ogni tanto
qualche biker o qualche persona a piedi, ma i luoghi sono semideserti, se non
fosse per i pescatori che affollano il canale e i numerosi laghetti costellati
di vegetazione e di punti di osservazione per il bird whatching. Stiamo
seguendo da un paio di giorni una pista che si chiama Véloroute Charles le
Téméraire. Uscendo dai boschi, a Jouy-aux-arches ci troviamo di colpo davanti
ai resti, sorprendentemente ben conservati, di un acquedotto romano, che un
tempo attraversava il fiume ed era lungo 22 km .
Non ci sono piú turisti né viaggiatori, eppure i luoghi
lo meritano come e più di quelli dei giorni precedenti. Alla fine arriviamo nel
minuscolo paesino di Corny-sur-Moselle, dove per trovare un negozio di prime
necessità per sopravvivenza da viaggiatori facciamo circa 3 km fino al villaggio
successivo. In compenso, in un angolo quasi nascosto, troviamo un ottimo
ristorante per la cena. Il
campeggio è sul fiume. Via dalla pazza folla, questo tratto francese poco
celebre e poco turistico ci sta piacendo sempre di piú.
domenica 11 agosto
Corny-sur-Moselle - Liverdun (km 52)
Oggi sarà un’altra giornata in mezzo alla natura.
La pista è quasi sempre sterrata, è impossibile seguirla
senza cartine e gps. Da sterrata diventa per un tratto quasi single track in un
bosco e ci fa rimpiangere la mtb - e infatti a un certo punto passa una squadra
di bikers. Spostiamo faticosamente di lato i nostri 30 kg di mezzo per farli
passare. Per un tratto bisogna proseguire a piedi, poi per fortuna la strada si
fa di nuovo più percorribile, ma è molto bagnata e fangosa. Decidiamo allora di
andare sulla strada, dove il traffico è comunque scarso.
A un certo punto, dal nulla si materializza l’abbazia di
Pont à Mousson, affacciata sull’acqua coperta di ninfee: sembra di essere
dentro un quadro di Monet. La pista porta in paese, dove ci sorprende una bella
piazza con portici e fontana. Sembra di essere in uno di quei borghi del
cuneese ai piedi delle montagne. Una pasticceria ci invita a una sosta per
seconda colazione. Al di là del ponte c’è una piccola chiesa gotica che sembra
una cattedrale in miniatura, con i suoi rosoni e i suoi gargoiles. Qui
incontriamo un ragazzo, molto probabilmente un prete, che sta andando a Roma in
bici da solo, tirandosi dietro un carrello che sembra costruito a mano.
Si torna tra acqua, boschi e tratti su strade secondarie
attraverso minuscoli villaggi deserti. Ogni tanto ci chiediamo se siamo davvero
nel cuore dell’Europa.
Qui la Mosella si perde in un enorme incrocio di canali e
si confonde con la Meurthe, che ci entra dentro e passa per Nancy. Noi abbiamo
però deciso di evitare la città e di seguire la profonda ansa del “nostro”
fiume, nella zona chiamata Les boucles de la Moselle. Arriviamo
così a Liverdun, paese medievale arroccato su una collina nel nulla. Il
campeggio è in mezzo agli alberi sul fiume, immerso nel silenzio ma a 5 minuti
dal paese. C’è persino una piscina - freddissima. L’atmosfera sembra tranquilla
e famigliare, e, quando ci accorgiamo che ci hanno rubato la batteria che
avevamo lasciato a caricare nei bagni, quasi non vogliamo crederci. Valore materiale
pochissimo, ma ora caricare i cellulari diventa un problema. Stasera risolviamo
con un adattatore che ci prestano alla reception, domani vedremo. Certo la
giornata è un po’ rovinata.
Lunedì 12 agosto
Liverdun - Velles sur Moselle (km 76)
Freddo e nebbia quando usciamo dalla tenda. Poco dopo per
fortuna si alza il sole. Si riparte sempre seguendo questa grande ansa in mezzo
alle foreste. La campagna è poco abitata e per strada non si incontra quasi
nessuno.
Quella di Toul è davvero una cattedrale nel deserto e la
si vede svettare da lontano sui canali. Una breve visita e si riparte, oggi
l’obiettivo sarebbe trovare un cavo elettrico per il campeggio ma ci rendiamo
conto che sarà praticamente impossibile. Un unico centro commerciale ha di
tutto per il campeggio ma ovviamente non quello. Siamo un po’ turbati
dall’ansia di non avere modo di ricaricare i telefoni, su cui abbiamo mappe e
GPS. Segno dei tempi, ti rendi conto di quanto - troppo - la tua vita possa
dipendere da un oggetto.
Si pedala su tratti sterrati e tratti asfaltati, per un
bel po’ su una striscia di terra sospesa tra il fiume e i suoi canali. La
Mosella si restringe ma continua a essere navigabile, le chiuse grandi e
piccole si succedono continuamente.
Il mondo da queste parti sembra sempre piú deserto, i
paesi quasi disabitati. A Flavigny-sur-Moselle ci dovrebbe essere un campeggio,
ma non ce n’è traccia. Chiediamo informazioni e ci rispondono che non esiste
più. Per fortuna non è tardi, e ce ne sono altri indicati nelle vicinanze. Nel
villaggio successivo ci sono solo i resti della struttura, ma anche qui non
esiste più nulla. Evidentemente la crisi ha toccato anche questo angolo della
Francia. Finalmente eccoci a Velles-sur-Moselle, quattro case e nessun negozio,
ma un camping municipal che praticamente è un giardino dove tutti si conoscono,
probabilmente c’è un nucleo di clienti abituali, tanti hanno addirittura un
giardinetto con piante e fiori nella loro piazzola. Tutti camper e roulottes,
quasi nessuna tenda.
Ci chiedono da dove veniamo, un uomo anziano in camper
con i nipoti ci dice di metterci dove vogliamo e ci offre un tavolo e due
sedie, una signora mezza svitata che dice di studiare l’italiano ci regala
delle prugne. Non ci sono negozi né ristoranti, per fortuna c’è la scorta di pasta
per le emergenze. C’è anche una saletta chiusa dove mangiare, e ne
approfittiamo visto che scoppia un temporale. Anche il gestore - un volontario
che lavora per il comune - sembra uno di famiglia e si offre di portarci pane e
croissant per la colazione.
Grazie alle dimensioni familiari del posto riusciamo a
caricare il telefono nel bagno, montando la guardia davanti alla porta.
Più tardi, sotto la pioggia, arriva una famiglia di belgi
(genitori in tandem e figlio sui vent’anni) affamati, stanchi e bagnati. Non
hanno scorte e decidono di andare ancora avanti. Sono diretti a Venezia e li
rivedremo passare il giorno dopo.
Martedì 13
agosto
Velles-sur-Moselle
- Remiremont (km 85)
I croissant freschi ci rianimano e ci mettono in grado di
affrontare la giornata, piuttosto impegnativa. È piovuto parecchio ieri sera,
quindi non è il caso di avventurarsi sulle strade sterrate segnate dalla guida.
La strada normale è comunque poco trafficata e passa attraverso minuscoli
paesi, dove a volte la gente ti guarda e ti saluta. Ormai pochissimi
viaggiatori, ma sempre tante persone che si spostano in bici. A Charmes
imbocchiamo la pista ciclabile lungo il Canal des Vosges, segnato da chiuse
continue. Saranno almeno una ogni chilometro, forse anche di più. Da un lato il
canale, ancora navigabile anche se non più dalle grandi navi dei giorni scorsi,
dall’altro la Mosella, irriconoscibile ormai se si pensa al grande fiume del
tratto tedesco. Passa ogni tanto qualche imbarcazione da diporto. C’è molta
gente che viaggia così, a volte portandosi dietro la bici.
Mentre mangiamo una quiche lorraine su una panchina
rivediamo passare i belgi di ieri sera, che ci salutano e vanno avanti, con
l’aria felice e libera di tutti i viaggiatori.
Non lasciamo il canale per molti chilometri, salvo brevi
digressioni per vedere Châtel-sur-Moselle, dove c’è una delle fortezze
medievali più grandi d’Europa, e poi il centro di Thaon-les-Vosges con la famosa Rotonde.
Continuando a seguire il canale arriviamo in vista di Épinal.
L’entrata in città è il solito caos ed è meglio andare sulla strada: le guide
pretendono a volte di farti passare su uno sterrato con tanto di scalini,
chissà se hanno ben calcolato quanto può pesare la bicicletta carica di un
viaggiatore.
Si arriva lungo il fiume e da lontano lo sguardo è
attirato da dalla lunga e colorata fila di bandiere e di getti d’acqua che lo
adornano da entrambi i lati. Siamo nel capoluogo del dipartimento dei Vosgi,
ultima città abbastanza grande prima della zona propriamente di montagna.
Breve visita alla città, poi si prosegue, è ancora presto
per fermarsi. Piú strada si fa oggi, più tranquilli saremo domani, quando
bisognerà affrontare la scalata al colle.
Da Épinal a Remiremont, circa 25 chilometri , il
percorso si snoda su una strada provinciale, con traffico pressoché
inesistente. Cartelli di pericolo avvertono gli automobilisti di fare
attenzione ai ciclisti. Si inizia a salire sempre di più, dolcemente ma con
costanza. Il paesaggio si fa sempre più pedemontano e le prime alture dei Vosgi
si stagliano dritte davanti a noi. Dalle parti di Archettes la strada, stretta
e in mezzo alla vegetazione come certe nostre strade delle valli cuneesi, è
fiancheggiata da alte rocce di agglomerato che sembrano le colonne di un
tempio.
Su questa strada arriviamo a Remiremont, il cui nome già
tradisce la caratteristica di ultimo avamposto urbano prima delle montagne. È
una cittadina piccola e raccolta, delle giuste dimensioni anche per chi vi
entra in bicicletta. La via e la piazza centrale sono contornate da portici
antichi. Sotto questi portici entriamo a chiedere una stanza nel primo albergo
che attira la nostra attenzione, dove siamo accolti con una cordialità davvero
fuori del comune, di nuovo come in famiglia. Sarà la bicicletta, sarà che da
queste parti vedono pochissimi italiani? Ci accorgiamo dopo che il nome
dell’albergo è “Cheval de bronze”, come un famoso ristorante torinese. Qualcosa
di famigliare lega le città ai piedi delle montagne, al di qua e al di là delle
Alpi.
Doccia e cena pantagruelica in un ristorante tipico, che
avevamo adocchiato durante una passeggiata e ci è anche stato consigliato in
albergo. Le porzioni sono davvero qualcosa di memorabile, sia come qualità, sia
come quantità. Passeggiando ancora un po’ per le vie della cittadina deserta,
sentiamo cantare dentro la chiesa, ma non riusciamo a entrare. Forse un coro
sta provando per qualche concerto.
Prima di andare in camera, si chiacchiera ancora un po’
con l’impiegato dell’hotel, che ci chiede del nostro viaggio e ci descrive le
bellezze della regione, compresa la storia di vari passaggi del Tour de France,
e racconta ad altri ospiti di passagio che noi due domani scaleremo il Col de
Bussang.
Stanotte si dorme in un letto e si carica il cellulare
senza montare la guardia davanti ai bagni.
mercoledì 14 agosto
Remiremont - Col de Bussang - Altkirch (km 91)
L’impiegato dell’hotel ci saluta abbracciandoci come
vecchi amici e ci congeda con un “faites attention à la route”, la stessa
raccomandazione appena fatta a una ragazza che sta partendo da sola, anche lei
in bici.
Appena fuori dell’abitato imbocchiamo la “Voie verte des Vosges”, una
stupenda pista ciclabile costruita sul tracciato di una vecchia ferrovia, sulla
quale percorriamo i 30 km
che ci separano dal villaggio di Bussang. Paesaggio verdissimo, rurale e già di
montagna, profumo di erba, fiori e mucche al pascolo. Le automobili sono un po’
più lontano, sulla strada, non si vedono e non si sentono. Ogni tanto si
attraversa qualche minuscolo centro abitato, dove si riconosce una vecchia stazione
trasformata in centro di informazioni turistiche. La Mosella è ora un piccolo
fiume di montagna. Ci godiamo questa strada, tutta in leggera salita, sapendo
che sarà l’ultima così tranquilla. Gli ultimi chilometri della salita al colle
e la discesa sono infatti indicati come
molto trafficati e abbiamo un po’ di paura.
A Bussang la solita boulangerie di metà mattina ci
fornisce le forze sufficienti per affrontare il colle, che ha qualche tratto,
per fortuna breve, con pendenze piuttosto impegnative, soprattutto per il peso
che ci portiamo dietro.
Finalmente, sulla nostra destra, vediamo materializzarsi
la meta tante volte immaginata e osservata nella foto sulla guida: la sorgente,
o almeno il suo punto ufficiale, in realtà una fontana da cui non esce neanche
una goccia d’acqua. Sulla parete, i soliti versi di qualche poeta patriottico e
una riproduzione di tutto il corso del fiume, con tutte le sue anse e le
località toccate, che ora conosciamo praticamente in ogni metro. È fatta, ci
siamo! Foto di rito, e un signore di passaggio ci avverte di fare attenzione
alla discesa, la strada è stretta e piena di camion. Come se non avessimo
abbastanza ansia. Un ultimo strappo sulla rampa finale ci fa immettere sulla
statale del Col de Bussang, proprio nel punto più alto.
Per fortuna è mezzogiorno, i camionisti forse fanno
pausa, la strada in realtà è molto larga e per i camion ci sono forti limiti di
velocità. Molte strade italiane che percorriamo abitualmente sono peggio. I
pochi camion passano mantenendo sempre una distanza di sicurezza, e l’ansia è
presto svanita. La discesa è bella e ricca di tornanti, con una visione ampia
sulla valle sottostante. Siamo di nuovo in Alsazia. Ora, arrivati in pianura,
la scommessa è non perdersi e non finire su una superstrada. Cerchiamo di
seguire strade secondarie, ed è meno difficile di quanto ci aspettassimo.
L’adrenalina dell’obiettivo raggiunto e la strada ridiventata pianeggiante ci
fanno procedere spediti, ci sembra che potremmo pedalare all’infinito. Siamo un
giorno in anticipo rispetto alle previsioni, con uno sforzo potremmo pensare di
tornare a Reigoldswil entro sera, ma sarebbe troppo, pensando che gli ultimi
50-60 chilometri
non saranno sicuro pianeggianti.
Ci fermiamo per uno spuntino e per fare il punto della situazione
su un prato, sotto alcuni alberi a bordo strada, e ci sembra sempre più
esaltante vivere così on the road. Decidiamo allora di concederci un ultimo
piccolo regalo e, arrivati nei pressi di Altkirch, troviamo tramite l’uffio del
turismo un grazioso hotel ristorante con piccola piscina. Relax ideale di
alcune ore con bagno e lussuosa cena francese con foie gras, petto d’anatra e
assaggio di formaggi.
giovedì 15 agosto
Altkirch-Reigoldswil (km 59)
Oggi l’ultimo tratto ci riporterà da Isabel e Jörg, al
punto da cui siamo partiti quasi tre settimane fa. È Ferragosto e la Francia è
deserta quanto l’Italia. Nessuno sulle strade, qualche sporadico ciclista ogni
tanto. Piccoli centri abitati deserti.
Procediamo spediti - le strade sono più veloci delle piste
ciclabili - e siamo presto al confine con la Svizzera. Il valico è
deserto, forse anche loro stanno cedendo un po’, circondati dall’area Schengen.
Appena passato il confine il mondo sembra improvvisamente risvegliato: qui il
15 agosto è lavorativo, auto e camion affollano le strade, e addirittura è già
ricominciata la scuola.
Anche districandoci in mezzo al traffico (che comunque a noi
italiani non fa poi così paura), riusciamo a scorgere un nido di cicogne sul
campanile di un villaggio. Vicino al centro di Aesch siamo costretti a
percorrere un tratto simile a una superstrada, per fortuna brevissimo, non più
di un paio di chilometri, che presto si divide: tutto il traffico procede
compatto verso una galleria, mentre noi pieghiamo a destra verso le colline.
Sospiro di sollievo, anche se sappiamo che ora, per gli ultimi chilometri, ci
aspetta parecchia salita. E infatti fino a Seewen la strada si arrampica
tortuosa e ripida in mezzo a un bosco, quattro o cinque chilometri di passione
e fatica. Finalmente anche questa è superata, ormai siamo a poca distanza dalla
meta. Una leggera discesa ci riporta nell’abitato. Ci beviamo ancora una birra
analcolica in un chiosco frequentato da operai in pausa, e poco più avanti
consumiamo il nostro ultimo pranzo da viaggiatori - pane e pomodoro su una
panchina nel centro di un paese, con la chiesetta bianca che ci guarda
dall’alto. Mancano pochi chilometri. Poco dopo la strada si inerpica di nuovo
in alto. Arrivati sulla sommità della collina, tra prati coperti di mucche al
pascolo e una coppia di olandesi in camper ferma per un pic-nic a bordo strada,
vediamo sotto di noi i tetti e la chiesa di Reigoldswil. La nostra meta.
Assaporiamo ancora un po’ il momento prima di buttarci - con sollievo e
soddisfazione - per la discesa, lunga e divertente. Ci siamo. Eccoci al punto
da dove siamo partiti. Isabel ci accoglie felice, e aspettiamo il ritorno di
Jörg dal lavoro raccontando la nostra avventura.
La sera festeggiamo tutti assieme con una raclette in
giardino, siamo eccitati e allo stesso tempo rilassati, il vino scorre e le
risate con lui. Domani, purtroppo, bisognerà risaire in auto per tornare a
casa.
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